Domenica 28 Novembre 2010
Negli anni che furono, “discontinuità” era il mantra delle opposizioni diventate maggioranza: appena messo piede a palazzo cominciavano a dire che i predecessori, quelli di un altro colore (politico) che c’erano prima, non capivano niente; “tutto sbagliato, tutto da rifare”, alla Bartali. Nel gioco delle parti, ci stava che i sinistri criticassero i destri, e viceversa. Ma Venezia, che la sua specificità rivendica in ogni campo, è diversa: e così succede che a predicare (e praticare) la discontinuità sia una Giunta, se non figlia, sicuramente parente stretta della precedente. Su questo altare del cambiamento tra fratelli-coltelli è stato immolato Michele Mognato, il predestinato del Pd a Mestre, vicesindaco uscente nella ditta Cacciari. Che, se ci passate la metafora calcistica, non sarà Baggio ma nemmeno un brocco; e comunque sia l’allenatore Orsoni l’ha mandato in tribuna. Così, da vecchio lupo di mare, il sindaco ha fatto capire a tutti che il vento era cambiato.
Michele Mognato, quanto ha fatto male quella defenestrazione dalla Giunta?
«Pesare ha pesato, tutto pesa nella vita…Viviamo di emozioni e amarezze, anche se tanti pensano che coloro che fanno politica siano dei marziani. Comunque sia è un capitolo chiuso, Orsoni ha ritenuto di fare un rinnovamento, e io ero il vicesindaco di Cacciari».
Nemmeno una buona controproposta da parte di Orsoni?
«Mi aveva chiesto di fare il presidente del Consiglio Comunale, ruolo che non fa per me e non mi piace, pur avendo massimo rispetto per la carica».
E così sei tornato a pieno titolo nel partito e quasi tutti ti hanno voluto segretario provinciale. I dietrologi in servizio effettivo permanente hanno letto la tua stoccata al sindaco sulle Legge speciale come la prima “ripicca” di Mognato.
«Fantasie. Qualcuno dimentica che in tempi non sospetti fui tra i primi a dire “Orsoni è l’uomo giusto”. Eravamo in una fase molto difficile, non c’era l’attuale clima di sfiducia verso Berlusconi, in Regione era partita persa, temevamo una stanchezza dell’elettorato cittadino. Abbiamo avuto il coraggio, e io mi prendo una parte di merito, di andare all’allargamento della coalizione, dando vita a un esperimento politico importante non solo per Venezia».
C’è chi, come il Grillino Gavagnin, dice che il centrosinistra ha vinto perchè dall’altra parte c’era Brunetta. Solo una provocazione?
«Dall’altra parte c’era un ministro della Repubblica che ha fatto una campagna elettorale pancia a terra, ha mostrato alcune idee innovative e fatto grandi promesse. Ripeto: a Venezia si è vinto perchè si è fatto un grande esperimento politico. E perchè la classe dirigente del Pd ha mostrato grande maturità».
Guzzanti l’altra sera a “Vieni via con me” è stato corrosivo: il Pd è l’unico partito al mondo che fa le primarie e poi le perde.
«A Venezia non mi pare sia andata così, e per questo penso che la nostra esperienza sia un modello a livello nazionale. Le primarie sono state combattute ma poi tutti, e dico tutti, si sono impegnati».
Torniamo alla stoccata a Orsoni sulla Legge speciale.
«Ho chiesto al sindaco di essere più protagonista, di non lasciare troppo l’iniziativa a Brunetta. La Legge speciale deve nascere da un grande dibattito politico e culturale in cui ognuno deve portare il suo contributo e a maggior ragione il Pd che è il primo partito di Venezia. E lo faremo in ogni sede. A me non è piaciuto ad esempio che Brunetta sia venuto a fare il suo discorso in Consiglio Comunale senza possibilità di un confronto nel merito».
E sul fatto che la nuova Legge speciale debba autofinanziarsi?
«Un ragionamento che non sta nè in cielo nè in terra, questa città ha bisogno di risorse nazionali e le deve avere, altrimenti non serve la legge nazionale… Ormai non ci sono più soldi nemmeno per le manutenzioni e si aprono problemi enormi non solo per la tutela del patrimonio architettonico ma anche nella salvaguardia ambientale, penso allo scavo dei rii. Si trovano i fondi per Roma capitale, a maggior ragione devono arrivare per tutelare un patrimonio dell’umanità come Venezia».
Ma i turisti li facciamo pagare?
«Con Costa ho istituito io la Ztl per i bus turistici. Sì, penso che in un quadro generale debbano starci anche forme di contribuzione dei turisti, magari differenziando le tariffe a seconda delle stagioni».
Veniamo al Pd: che tipo di lavoro c’è da fare?
«Quello che abbiamo avviato: bisogna tornare al territorio, ripartire da un nuovo radicamento. Noi abbiamo 78 circoli e circa 6mila iscritti, ma per un certo periodo “non c’eravamo”. La gente ci diceva: ci avete chiamato alle primarie e poi siete spariti. Il mio impegno primario è di rimettere in moto la macchina organizzativa proprio partendo dai comuni».
La sconfitta in Provincia fu una bella mazzata.
«Uno schiaffo pesante. Non fu colta in tempo la necessità di aprire a nuove esperienze, poi finì che l’Udc è stata presa in giro dalla Lega… Ma al di là della tattica e ricordato che in Italia tirava vento di centrodestra, pagammo il fatto di essere diventati marginali in alcune aree della provincia. Non c’è solo Porto Marghera, c’è tutto un mondo economico e sociale che in una certa fase abbiamo trascurato».
Un ragionamento su Porto Marghera?
«Basta parlare di tavoli e controtavoli, servono i fatti. Se alla fine di tutti i discorsi il risultato è che non ci sono fondi per l’area di crisi e che non si tocca il meccanismo delle bonifiche, di cosa stiamo parlando? Qui serve un tavolo della verità».
L’autogol in Provincia della Serafini ti ha fatto arrabbiare.
«Non mi piace quando seguiamo l’onda mediatica, non mi piace un clima politico che porta a cercare la scorciatoia dell’attacco personale più che i confronti nel merito. Detto questo c’è stato un errore, lo abbiamo riconosciuto, ma ora basta. Resta che la Zaccariotto fa la Presidente della Provincia e il sindaco di un grande comune, se al suo posto ci fosse uno di centrosinistra sarebbe massacrato».